Tag Archivio per: don Oreste Benzi

LA CARNE UMANA NON SI COMPRA – L’ARENA

Non si fa commercio della carne umana: per leggere l’articolo clicca qui 9FTQPI

LIBERTÀ DI PROSTITUIRSI. CHI CONSIGLIEREBBE QUESTO LAVORO AI PROPRI CARI?

14/03/2019 Sollievo per la decisione della Corte Costituzionale che con grande buon senso, di elevata dirittura morale e di profonda fondatezza giuridica ha respinto l’ipotesi che in fondo fare la escort “sia una professione come un’altra”. Comprando l’uso del corpo di una persona, anche consenziente, la si riduce comunque in schiavitù e si tradisce la tutela della dignità umana.

Rispetto al dibattito sulla prostituzione recentemente innescato sull’identità professionale delle cosiddette “escort”;  fortunatamente la Corte Costituzionale ha preso una decisione di grande buon senso, di elevata dirittura morale e di profonda fondatezza giuridica, respingendo l’ipotesi che in fondo “sia una professione come un’altra”. Tuttavia proprio la possibilità che si sia innescato tale dibattito è un ulteriore sconfortante esempio di un malinconico e crepuscolare arretramento della contemporaneità rispetto alla tutela della dignità delle persone. Usare denaro per sfruttare il corpo di un’altra persona per il proprio piacere sessuale, definizione brutale ma precisa dell’azione che fa il “cliente/consumatore”, rappresenta infatti un evidente tradimento della tutela della dignità della persona, dignità che non può non trovare dimora anche nella concreta corporeità di ogni persona. Ma comprando un corpo si tradisce anche la verità della relazione sessuale, che può essere la forma più pura e trasparente di dono e di reciprocità, e che proprio nella sua “non commercializzazione” trova la sua più completa bellezza. “Fare l’amore” non può diventare “comprare sesso”; è talmente evidente la corruzione della pienezza dell’incontro sessuale quando si mette mano al portafoglio…

Quando si fa l’amore, l’abbraccio è un gesto di donazione, è desiderio di essere una cosa sola, è contatto pieno con la bellezza dell’altro; quando “compro il corpo dell’altro per fare sesso”, sto consumando un prodotto, sto solo dando risposta ad un mio bisogno, e l’altro non è più persona, ma è semplicemente un oggetto funzionale alle mie pulsioni, ai miei istinti. Non si tratta nemmeno di “desiderio”, in questo caso, perché il desiderio fa alzare lo sguardo verso il cielo, per andare verso le stelle (“de sidera”),  per cercare risposta ad una evidente incompletezza di sé  nell’incontro con la libertà di un altro, con la bellezza del creato, con una nuova relazione con la realtà, oltre i propri limiti. Invece chi “compra sesso” si limita a riempire un vuoto, ritornando narcisisticamente su se stesso. E in questo caso l’ultima cosa che guardo, che voglio, che compro è il volto dell’altro, i suoi occhi (nella saggezza popolare “lo specchio dell’anima”…); invece quando “faccio l’amore” il volto e gli sguardi della persona amata sono un’altra delle porte che mi conducono al mistero dell’altro.

Da queste qualità antropologiche, da queste evidenze dell’umano dovrebbe derivare senza troppe difficoltà un giudizio morale lineare e non ambiguo: si comprano le cose, non le persone. Non si può comprare l’uso del corpo di un’altra persona per soddisfare la propria sessualità: rendi l’altro un oggetto, uno strumento, asservendolo ai tuoi impulsi. Lo rendi schiavo, in una parola: anche se per i pochi minuti di un rapporto sessuale comprato con pochi o tanti denari. Spesso approfittando, per di più, di persone che di quei soldi hanno bisogno, e di cui invece tu ti puoi privare.

Ma oggi le riflessioni morali sembrano costantemente graduate verso il basso, in una corsa apparentemente infinita alla libertà assoluta: così, l’unico criterio giuridicamente rilevante su cui sembra di poter discutere diventa la maggiore o libertà di chi vuole vendere il proprio corpo, fino a parlare addirittura di “violazione dei principi costituzionali della libertà di intrapresa economica”. Proponendo, però, nello stesso tempo, anche la cancellazione del reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Come se il nostro Paese diventasse più civile (addirittura più “imprenditoriale”!) perché si può vendere e comprare il corpo di una persona per scopi sessuali! Davvero queste sono le nuove frontiere di un Paese civile? E quanti, più o meno esplicitamente, pensano anche: “Almeno ci facciamo pagare le tasse!”, come se qualche Euro in più  di soldi pubblici rendesse meno immorale questo comportamento. E pensare che nel nostro Paese – regola di altissima civiltà – è proibito vendere gli organi, “pezzi del proprio corpo”, che invece possono essere “donati”; proprio perché il corpo fa parte integrante della persona, e quindi ne qualifica la dignità. Ma invece, se si tratta di sessualità, il corpo della persona sembra perdere il suo senso e significato, e diventa un merce qualsiasi: davvero triste (oltre che intollerabile), se ci si pensa.

A forza di “minima immoralia” continueremo a calpestare la dignità delle persone e dei loro corpi, e in più ci racconteremo che questa è una battaglia di civiltà, perché stiamo dando a ciascuno la possibilità di scegliere liberamente cosa fare del proprio corpo. E non ci si rende conto del prezzo che deve pagare proprio chi “vende”, in termini di dignità. Ma chi ci crede davvero che vendere se stessi per fare sesso al migliore offerente sia libertà? O peggio ancora: chi consiglierebbe ai propri cari questa “professione”?

* direttore del Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia)

Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani – Ass. Papa Giovanni XXIII

SAVE THE DATE

8 e 9 febbraio, eventi a Roma, Verona, Piacenza, Genova

L’8 febbraio ricorre la Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umanipromossa dalla rete Talitha Kum ed istituita da papa Francesco in memoria di Santa Bakhita, schiava sudanese di 7 anni, divenuta poi suora canossiana e proclamata Santa nel 2000.La Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) aderisce all’iniziativa e promuove eventi di sensibilizzazione a Roma, Verona, Genova e Piacenza: 

8 febbraio – Roma, Basilica di S.Antonio, via Merulana 134 – ore 18 
Adesione alla veglia di preghiera organizzata da Thalita Kum con testimonianze degli operatori di strada Apg23.

8 febbraio – Verona, Tempio Votivo – ore 16.45 
Veglia di preghiera e sensibilizzazione con la presenza del Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia ed i vescovi di Verona, Vicenza, Adria-Rovigo, Trento. Aderiscono Caritas ed Azione Cattolica del Triveneto. Fra le testimonianze, parla un cliente del sesso a pagamento.  Volantino 

8 febbraio – Genova, Chiesa di Santa Maria di Castello – ore 18 
Serata di sensibilizzazione per le vittime di tratta con proiezione del docufilm “HOW MUCH?…”. Alle 19.30 Santa Messa celebrata dal Vescovo Niccolò Anselmi.

9 febbraio – Piacenza, corso V. Emanuele – ore 16.45 
Fiaccolata e performance artistiche, con la testimonianza di Don Mario Zacchin che in carcere ha incontrato clienti condannati per l’omicidio di donne vittime di tratta; conclude la Santa Messa celebrata dal Vescovo Gianni Ambrosio.

Ufficio stampa: Marco Tassinari, 328.1187801

Jennifer Omoruyi: come sono uscita dalla tratta 07/12/2018

Puntata del 7 Dicembre della trasmissione Nemo in cui è stata ospite una vittima uscita dalla violenza della prostituzione, accompagnata da Fabiana, volontaria della Comunità Papa Giovanni XXIII. Per rivedere la testimonianza di Jennifer clicca sul link riportato qui sotto:

https://www.msn.com/it-it/video/tv/jennifer-omoruyi-come-sono-uscita-dalla-tratta-07-12-2018/vp-BBQEWbG

25 ottobre – Università di Bologna SOPRAVVIVERE ALLA TRATTA

Link al Telegiornale di Nettuno, edizione serale dell’Evento del 25 ottobre all’Università di Bologna SOPRAVVIVERE ALLA TRATTA in cui è stata presentato la Campagna “Questo è il mio corpo”.

Pescara, Montesilvano e Francavilla: 15 ragazze salvate in 4 anni – il Centro.it

«Nessuna donna nasce prostituta, c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare». Pier Giovanni (nome di fantasia), uno degli addetti della comunità Papa Giovanni XXIII, si affida alle parole del…

«Nessuna donna nasce prostituta, c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare». Pier Giovanni (nome di fantasia), uno degli addetti della comunità Papa Giovanni XXIII, si affida alle parole del fondatore, don Oresti Benzi, per spiegare ciò che vive sulla sua pelle. Con altre persone, uomini e donne, incontra di sera le prostitute e una comunità di transessuali che lavorano tra Pescara, Montesilvano e Francavilla, per convincere chi si prostituisce a tornare ad una vita normale. Lo fa da 4 anni e in questo periodo hanno lasciato il marciapiedi «una quindicina di ragazze, tra nigeriane, romene e bulgare»: sono andate in comunità, dove «imparano l’italiano e un lavoro vero, oltre ad ottenere un supporto psicologico». Oppure sono tornate nel paese di origine, «come accaduto a una spagnola incinta che voleva abortire e poi ha tenuto il bambino, oppure a una romena che si è confessata per la prima volta dopo essere rientrata a casa». Sono quasi tutte giovanissime, racconta Pier Giovanni, «qualcuna è minorenne, anche se non lo dicono. E non ammettono di essere sfruttate anche se, stando in strada, notiamo alcune auto che passano e ripassano, per controllarle. E vediamo che si allontanano dopo aver ricevuto delle telefonate. A volte sono sfruttate dal marito e non riescono a liberarsi». Arrivano e restano in strada per motivi diversi tra cui anche «l’ignoranza, la povertà, la paura delle conseguenze di riti vodoo in base ai quali possono abbandonare la strada senza subire conseguenze negative solo pagando cifre consistenti». Le unità di strada, usando un approccio «laico», provano a convincerle a lasciare «il marciapiedi e anche l’alcol e la droga a cui ricorrono». E le reazioni? «Da noi si sentono trattate alla pari, apprezzano la nostra amicizia». (f.bu.)

FERMIAMO LA TRATTA DELLE MODERNE SCHIAVE NELLE NOSTRE CITTÀ

È il coro unanime levatosi dal liceo Danilo Dolci di Palermo durante un incontro organizzato da Cisl e scuola sui temi della violenza di genere e dello sfruttamento sessuale. Al centro, le storie di Chidinna, Eveline e di altre involontarie ragazze-bancomat. L’idea di una “alleanza tra associazioni e istituzioni scolastiche” e la campagna per bloccare l’orrida domanda di mercato

“Quella sera per la prima volta in quel pulmino bianco una donna mi chiese in inglese: Come stai?‘, e ancora: Stai soffrendo tanto ma non puoi dire la verità a nessuno, vero?‘. E mi disse espressamente che potevo scappare. Lei sapeva tutto. Mi spiegò che non dovevo pagare il debito, che non dovevo essere schiava ma una ragazza libera di andare a scuola, al cinema, a ballare come le ragazzine della mia età. Potevo essere libera e avevo finalmente una via d’uscita. Dovevo fidarmi di loro”. Chi parla è Chidinna, nome di fantasia di una poco più che adolescente nigeriana venuta fuori dal vortice di inganni, violenze e torture che, dal suo mondo lontano, attraverso la rotta libica, l’ha catapultata nell’orrido mercato della carne umana delle nostre città. Chidinna ne è uscita. Ma Chidinna non è un caso isolato. Anzi, è una delle tante ragazze-bancomat del sud del mondo che affollano i nostri marciapiedi.
A raccontare la loro storia è Irene Cimbezi, giornalista, scrittrice e componente della Comunità papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi a metà degli anni Novanta. Cimbezi, che assieme alle unità di strada della Comunità, pattuglia di notte i centri urbani di 25 città alla ricerca di moderne schiave da recuperare, la storia di Chidinna come quella di Eveline e delle altre involontarie protagoniste del suo ultimo libro (Non siamo in vendita, Sempre Comunicazione 2017), l’ha ricordata in occasione dell’incontro-dibattito Con il mio corpo Non si tratta, organizzato dalla Cisl e dalle sue articolazioni in tandem con l’ufficio scolastico regionale e il liceo delle Scienze umane Danilo Dolci, di Palermo. È qui che si è svolto il forum al quale hanno preso parte gli studenti delle ultime classi. Il meeting si è concluso sull’idea di una “alleanza tra associazioni e istituzioni per sviluppare negli istituti dell’Isola, già in queste settimane, iniziative di sensibilizzazione contro tratta e sfruttamento sessuale”. Proposta fatta propria dalla direttrice dell’ufficio scolastico Maria Luisa Altomonte e lanciata dalla Cisl. In apertura dell’incontro, da Rosanna Laplaca della segreteria regionale, che ha comunicato il sostegno del sindacato alla proposta della Comunità di don Benzi di una petizione per fermare la mercificazione della carne umana. Uno stop bloccando, per così dire, la domanda di mercato. Questo è il mio corpo il titolo della campagna, che può essere adottata anche con una firma on line. “Il nostro mondo – ha spiegato Laplaca – si fonda sui valori del rispetto della dignità delle persone, su un’idea di giustizia sociale; sulla convinzione che il lavoro contribuisce all’identità dei singoli nella società”. “È per questo che ci battiamo contro la violenza e ogni forma di discriminazione. Tanto più, in aiuto di donne e di minori”.
“Vogliamo dare corpo al progetto di una rete di scuole contro le moderne forme di schiavitù”, le ha fatto eco Francesca Bellia, segretaria della Cisl Scuola Sicilia, che ha moderato la discussione. “Le scuole – ha ripetuto Bellia – possono e devono rappresentare un presidio sociale per un cambiamento culturale nel segno di un modello di integrazione e inclusione”. D’accordo sul punto Altomonte, per la quale “per contrastare il fenomeno delle donne mal-trattate bisogna partire dall’ultimo protagonista di questa drammatica filiera: il maschio”. Al momento, ha ricordato la direttrice, “solo a Palermo sono 595 i minori presi in carico dalle equipe istituzionali che si occupano di bambini abusati, vittime di varie forma di sopruso”.
Nel corso della mattinata, due i video proiettati: sulle parole sul tema, di papa Francesco. E sulla tratta delle migranti: “Un abominevole mercato – con le parole di Ciambezi – che è il terzo grande traffico criminale dopo quello delle armi e della droga. E spesso, criminalità su basi etniche e criminalità autoctona si muovo di concerto. Alleate tra loro”.
“Il punto – ha illustrato Luisa Iovanna, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato – è che “spesso le donne, per mille ragioni, hanno tanta difficolta a denunciare”. E rivolta alle studentesse che affollavano la platea: “Ragazze – ha esortato – se vi dovesse capitare di vivere situazioni di questo tipo. O se per qualche ragione doveste averne conoscenza, non esitate a denunciare. Anche quando le violenze dovessero arrivare da chi meno ve lo aspettate”. “La solitudine è sempre un errore”. “Tragedia nella tragedia – ha a sua volta lamentato Valentina Campanella, presidente regionale Anolf – è che l’età delle vittime tende a scendere sempre di più. Persino al di sotto di tredici anni. Ragazzine poco più che bambine, rubate ad affetti, innamoramenti, sogni”.
Ad aprire i lavori le parole del dirigente scolastico Domenico Di Fatta, che ha ricordato l’impegno del suo istituto per la legalità “in un quartiere difficile come Brancaccio”. Come lui la prof Clelia Lombardo, referente per le politiche di genere della scuola. Ma a dare il senso dell’incontro, più di ogni cosa, sono forse le parole con cui l’autrice di Non siamo in vendita, finita la lettura delle sue pagine, si è rivolta alla platea: “Il corpo non si compra. Mai. Le donne non si comprano. Le donne si conquistano, si conquista il loro cuore”.
Umberto Ginestra

ORDINANZA ANTIPROSTITUZIONE. SCATTA LA NONA DENUNCIA IN UN MESE – NewsRimini.it

Nella notte di sabato è scattata a Rimini una nuova denuncia per violazione dell’ordinanza sulla prostituzione emessa nel dicembre scorso. Ad essere sorpreso dagli agenti della polizia municipale mentre contrattava una prestazione sessuale con una prostituta rumena nella zona dei viali delle Regine questa volta è stato un giovane italiano. All’arrivo degli agenti la donna era già salita sull’auto del ragazzo. Sale così a nove il numero di denunce ad un mese dall’entrata in vigore della nuova ordinanza.

Redazione Newsrimini

L’ULTIMA PROPOSTA DI SALVINI MA LA PAPA GIOVANNI XXIII RISPONDE – art. de La Stampa

http://www.lastampa.it/2018/01/15/italia/politica/lultima-proposta-di-salvini-riaprire-le-case-chiuse-9gaP68X1oH0d848g7FlpUK/pagina.html

L’ultima proposta di Salvini: “Riaprire le case chiuse”

Il leader della Lega Nord: «Regolamentare e tassare la prostituzione come nei Paesi civili»

A un mese e mezzo dalle elezioni il leader della Lega Nord lancia una nuova proposta: «Regolamentare e tassare la prostituzione come nei Paesi civili, riaprendo le “case chiuse”. Ne sono sempre più convinto». La proposta arriva qualche giorno dopo quella di abolire l’obbligo dei vaccini. Idea rilanciata anche dal candidato premier del M5S Luigi Di Maio.

La replica del Pd

«Sull’idea delle “case chiuse” Salvini se ne faccia una ragione: il nostro Paese, per fortuna, non tornerà mai indietro” la replica della deputata del Pd Fabrizia Giuliani. Noi non consentiremo mai politiche che farebbero felici i trafficanti di esseri umani. Le donne della Lega si ribellino, anche perché l’Europa, forse Salvini non lo sa, sta andando in senso opposto».

 

L’associazione Papa Giovanni XXIII

Liberare le «moderne schiave»: questo dovrebbe essere l’impegno di un «Paese civile» sostiene l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, da anni impegnata a salvare dalla strada le prostitute. «Caro @matteosalvinimi, i paesi civili sono quelli che liberano le moderne #schiave del sesso per la #prostituzione» si legge in un tweet. «Ragazzine che provengono da quei paesi #stranieri cui tu vorresti impedire l’ingresso in Italia. Costrette a vendersi ai #clienti maschi italiani per due lire».