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Comunicato stampa – Ass. Papa Giovanni XXIII – 7/02/18

Prostituzione: Ramonda (APG23): «Una bestemmia giuridica ritenere la prostituzione un diritto costituzionale»

 

«Ritenere che la prostituzione possa essere definito un diritto costituzionale appare come una bestemmia giuridica. Rimaniamo sconcertati di fronte all’idea che si possa sostenere che prostituirsi porti al “pieno sviluppo della persona umana”, come sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione».E’ quanto afferma Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità di don Benzi, il sacerdote che per primo in Italia ha lottato contro il sistema prostitutivo. Ramonda è intervenuto in merito alla decisione della Corte d’appello di Bari di ritenere fondata l’eccezione in tal senso sollevata in un processo, trasmettendola alla Corte Costituzionale.

«La legge Merlin va aggiornata alla luce del nuovo contesto sociale, ma sempre nella stessa direzione di tutela delle persone, in particolare delle donne. E’ necessario ricordare che l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU del ’49 in cui si stabilisce che “la prostituzione ed il male che l’accompagna sono incompatibili con la dignità umana”». E aggiunge Ramonda: «Oggi la priorità è liberare le schiave; abolire la legge Merlin vorrebbe dire rinunciare ai pochi mezzi che abbiamo per contrastare la tratta delle donne».

La Comunità Papa Giovanni XXIII promuove, insieme ad un cartello di associazioni, Questo è il mio Corpo, campagna di liberazione delle vittime della tratta e della prostituzione. La proposta, ispirata al modello nordico, ha l’obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e multando i clienti delle prostitute.

L’ULTIMA PROPOSTA DI SALVINI MA LA PAPA GIOVANNI XXIII RISPONDE – art. de La Stampa

http://www.lastampa.it/2018/01/15/italia/politica/lultima-proposta-di-salvini-riaprire-le-case-chiuse-9gaP68X1oH0d848g7FlpUK/pagina.html

L’ultima proposta di Salvini: “Riaprire le case chiuse”

Il leader della Lega Nord: «Regolamentare e tassare la prostituzione come nei Paesi civili»

A un mese e mezzo dalle elezioni il leader della Lega Nord lancia una nuova proposta: «Regolamentare e tassare la prostituzione come nei Paesi civili, riaprendo le “case chiuse”. Ne sono sempre più convinto». La proposta arriva qualche giorno dopo quella di abolire l’obbligo dei vaccini. Idea rilanciata anche dal candidato premier del M5S Luigi Di Maio.

La replica del Pd

«Sull’idea delle “case chiuse” Salvini se ne faccia una ragione: il nostro Paese, per fortuna, non tornerà mai indietro” la replica della deputata del Pd Fabrizia Giuliani. Noi non consentiremo mai politiche che farebbero felici i trafficanti di esseri umani. Le donne della Lega si ribellino, anche perché l’Europa, forse Salvini non lo sa, sta andando in senso opposto».

 

L’associazione Papa Giovanni XXIII

Liberare le «moderne schiave»: questo dovrebbe essere l’impegno di un «Paese civile» sostiene l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, da anni impegnata a salvare dalla strada le prostitute. «Caro @matteosalvinimi, i paesi civili sono quelli che liberano le moderne #schiave del sesso per la #prostituzione» si legge in un tweet. «Ragazzine che provengono da quei paesi #stranieri cui tu vorresti impedire l’ingresso in Italia. Costrette a vendersi ai #clienti maschi italiani per due lire».

Don Buonaiuto: “Sulle strade dei poveri, per salvare le schiave” – TG2

“Il fenomeno è esteso e drammaticamente in espansione”. Così don Aldo Buonaiuto, direttore di In Terris e membro dell’Associazione Comunità Giovanni XXIII, nel corso della trasmissione andata in onda stamattina “Lavori in corso” del Tg2, a proposito dello sfruttamento della prostituzione.

I numeri

Si stima che in Italia le donne costrette a vendere il proprio corpo siano centomila. Il 65 per cento è rappresentato dalle cosiddette “lucciole”, ragazze che si prostituiscono lungo le nostre strade. Il 37 per cento ha tra i tredici e diciassette anni. La prostituzione rappresenta una vera e propria industria, un business criminale che frutta novanta milioni di euro al mese sulla pelle di ragazze sfruttate, umiliate e violentate.

L’impegno, sulla scia di don Benzi

La Comunità Giovanni XXIII è da decenni in prima linea per salvare queste vittime del racket della prostituzione. “Siamo sulle strade dei poveri”, sottolinea don Buonaiuto. Il quale ricorda che l’intuizione di recarsi direttamente sui marciapiedi per parlare con le ragazze sfruttate, dar loro calore umano e un’opportunità di riscatto fu di don Oreste Benzi, il fondatore della Comunità Giovanni XXIII.

“Partendo dalla sua Rimini – ricorda don Buonaiuto a proposito del fondatore – don Oreste incontrava queste donne costrette sui marciapiedi. Lui le definiva schiave, ma all’epoca lo deridevano, perché nessuno capiva che sulle strade non ci sono donne che scelgono di andarsi a prostituire, ma che vengono trascinate lì con l’inganno e con il ricatto. Don Oreste ne parlava quando ancora sembravano assurdi questi concetti”.

Negli anni il numero di prostitute sulle strade, ma anche nelle cosiddette “case chiuse”, è aumentato paurosamente. Il direttore di In Terris spiega che “tante donne arrivano dalla Nigeria, giovanissime, come quelle trovate morte recentemente sui barconi. Si tratta di un fiume di ragazze giovanissime, oltre il 40% dalla Nigeria, un altro 40% dai Paesi dell’Est. Un mercato vergognoso“.

LOTTA ALLA PROSTITUZIONE – TGR TOSCANA

Centomila donne sono costrette a vendere il proprio corpo in Italia: quasi il 40 per cento di loro ha tra i 13 e i 17 anni. La Cisl sul tema ha organizzato un convegno a Firenze per chiedere una legge nazionale che fermi la domanda.

 

VEDI LA VIDEO INTERVISTA SU

http://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/media/tos-prostituzione-firenze-cisl-5a42b6d1-f4dd-49db-9b68-d814d17a9144.html

Cinquecento alla Bruciata contro il racket del sesso – Gazzetta di Modena

Il vescovo di Modena Erio Castellucci guida il corteo alla Bruciata, sulle orme di don Benzi: «Fermare questa forma di sfruttamento inumana»

A Modena una catena umana contro il racket del sessoQuasi cinquecento persone hanno preso parte alla catena umana alla Bruciata per dire basta al racket del sesso. Qui il vescovo Erio Castellucci che ha preso parte alla manifestazione spiega il senso dell’iniziativa. Oltre a lui parlano Paolo Ramonda dell’associazione Papa Giovanni XXIII e Serena Perini del Comune di Firenze. L’articolo

MODENA. «Rifiutiamo una forma di sfruttamento inumana».

La voce di don Erio si unisce al coro della Catena Umana contro la prostituzione.

Un fronte compatto di oltre cinquecento persone che presidia i marciapiedi di viale Ovidio. Partono dall’ingresso del Decathlon e proseguono per centinaia di metri, tenendosi per mano e osservando le auto passare davanti a loro. Stavolta nessuno si ferma per comprare sesso a pagamento, come avviene da sempre alla Bruciata e in altre zone di Modena.

Nello stesso luogo, il 23 dicembre 1997, aveva iniziato la Catena Umana don Oreste Benzi, fondatore della comunità Papa Giovanni XXIII che assiste donne sfruttate: «Don Benzi è stato minacciato più volte di morte e anche noi dobbiamo stare attenti – rivela Giovanni Paolo Ramonda, che ne ha raccolto il testimone – ma collaboriamo con le forze dell’ordine e la magistratura. Non abbiamo nulla da temere: liberare queste ragazze è una battaglia giusta».

Una catena umana nella lotta contro la prostituzione – TRC.TV

E’ stata organizzata dalla comunità Papa Giovanni 23esimo alla Bruciata, uno dei luoghi simbolo per la prostituzione a Modena

Milioni di donne in tutto il mondo vendute, minacciate, costrette alla schiavitù del sesso. Centinaia di migliaia in tutta Italia. La mappa della prostituzione a Modena ha confini storici, la Bruciata è un luogo simbolo e proprio lì si è formata una catena umana per dire basta alla tratta degli essere umani e al racket della prostituzione. Contro il fenomeno si impegnano associazioni come la Comunità Papa Giovanni 23esimo, che ha strappato dal marciapiede oltre 7000 ragazze, e le forze dell’ordine con indagini e arresti.

 

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Regione, cade il tabù I dem e le prostitute «Clienti fuorilegge» – Corriere di Bologna

Regione, cade il tabù I dem e le prostitute «Clienti fuorilegge» di Marco Marozzi a pagina 7 Quell’asse tra realtà cattoliche e renziani che punta a multare i clienti delle prostitute In Viale Aldo Moro la proposta di Paruolo. Il partito è diviso, ma Calvano: «Può essere un deterrente» Multare i clienti delle prostitute è renziano? Addirittura è di destra? «No, piuttosto la nostra ordinanza su questa misura è di sinistra», tuona Dario Nardella, sindaco di Firenze, successore-sodale di Matteo Renzi. Eppure a Bologna pur senza apparentemente accorgersene i renziani sono favorevoli alle sanzioni, gli antirenziani no. Riproponendo il contrasto fra pragmatismo che dagli avversari può essere accusato di cinismo, destrismo e il super riformismo che può essere criticato come inconcludente, parolaio. In realtà l’argomento ha avvicinato settori consistenti di Pd e il mondo cattolico. Fino a toccare per ragioni varie il Vaticano, dice Giulia Garofalo Geymonat, docente di Filosofia alla Ca’ Foscari e autrice del Mulino. Adesso la catena cerca di allargarsi in Emilia-Romagna. Un esempio arriva oggi a Modena, con un convegno e una «catena umana» organizzata in serata in strada alla Bruciata, luogo di prostituzione, dall’Associazione Giovanni XXIII. Quella fondata decenni fa a Rimini da don Oreste Benzi, il prete che raccoglieva e dava accoglienza a ragazze di strada, migranti, emarginati di ogni tipo. 11 suo successore laico, Giovanni Paolo Ramonda, piemontese di Cuneo, dodici figli, nove adottati, in questa catena di Sant’Antonio politico-religioso-solidaristica ha benedetto invece la scelta di Giuseppe Paruolo, consigliere regionale del Pd, renziano (in una corrente a livello locale divisa) e cattolico, di raccogliere un ventina di colleghi di partito in Regione per presentare una risoluzione che multi i clienti delle prostitute. «Siamo grati all’Emilia-Romagna dice Ramonda dopo il Comune di Firenze e Rimini, ora è una Regione a indicare la strada: il cliente è responsabile. La nostra speranza è che sia di esempio per tutti i sindaci e governatori». Il presidente della Giovanni XXII dà per approvata la risoluzione, in verità tutto è ancora da decidere in Viale Aldo Moro. In Parlamento, ricorda Paruolo, c’è già una proposta di legge che introduce la punibilità per i clienti, ma è ferma e non vedrà la luce in questa legislatura. 11 suo, spiega il consigliere regionale dem, è «un segnale che può essere dato come Regione». «Liberiamo le donne. Fermiamo i clienti», si chiama l’iniziativa di oggi a Modena. Nel Pd però non tutti la pensano alla stesso modo. Plaude alle multe la senatrice renziana Francesca Puglisi, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. «L’onorevole Caterina Bini alla Camera e la sottoscritta, al Senato, siamo prime firmatarie di una proposta di legge che va in questa direzione. Ma i sindaci possono già fare qualcosa». Un altro senatore bolognese, l’antirenziano Sergio Lo Giudice, storico leader del movimento gay bolognese, fa invece il pollice verso. «La sanzione è inefficace e, a conti fatti, sbagliata. Serve una nuova regolamentazione che faccia emergere dall’ombra, mettendo quindi in condizioni di sicurezza, l’attività di chi, donOggi in piazza A Modena l’iniziativa dell’associazione Giovanni XXIII contro i clienti ne e uomini, esercita la prostituzione in modo realmente volontario». Culture diverse si affrontano, in uno scontro di decenni: a sessant’anni (nel 2018) dalle legge della socialista Merlin che proibì le case chiuse, a dieci dalla morte di don Benzi, a dieci dalla nascita del Pd, a uno dalla caduta del governo Renzi. Un partito trasversale alla prese con l’Italia delle notte. A Rimini un sindaco-leader come Andrea Gnassi si vanta di multe da 400 a lame euro. Dalla Svezia (1999) la misura si è allargata a Norvegia, Finlandia, Islanda e Francia. E in Emilia-Romagna? «Può essere un deterrente. Certo non definitivo dice il segretario regionale Pd, Paolo Calvano – e da unire a misure più vaste». Marco Marozzi RIPRODUZIONE RISERVATA Di notte Una prostituta sulle strade della città: per arginare il fenomeno in Regione il Pd chiede di multare i clienti 99 Puglisi Ho firmato una proposta di legge così, mai sindaci possono già far qualcosa 99 Lo Giudice La sanzione è inefficace e sbagliata, serve una nuova regolamentazione

ORDINANZA ANTIPROSTITUZIONE. CARCERE PER IL CLIENTE E SEGNALAZIONE AL FISCO – NewsRimini – 20/11/2017

E’ stata pubblicata pochi minuti fa sull’Albo pretorio del Comune di Rimini l’ordinanza contingibile ed urgente per prevenire e contrastare lo sfruttamento della prostituzione sulla pubblica via, firmata dal sindaco. La nuova ordinanza, in vigore dall’11 Dicembre 2017 e fino al 30 Aprile 2018, prevede l’arresto del cliente, fino a tre mesi, e la segnalazione all’agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza. L’ordinanza è sulla falsa riga di quella di Firenze.

A gran voce, anche il Vescovo Francesco, in occasione dell’incontro con le autorità avvenuto a San Gaudenzo, aveva chiesto un intervento incisivo da parte dell’amministrazione per arginare la terribile realtà di tante ragazze costrette a prostituirsi in strada.

L’ordinanza prevede che è fatto divieto a chiunque di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco a chiedere o accettare prestazioni sessuali a pagamento. Il divieto ha validità nelle zone dove è più presente il fenomeno, tra i lungomari e la statale ma non solo. Nello specifico: in Viale Regina Elena, Viale Regina Margherita, Viale Principe di Piemonte, Via Cavalieri di Vittorio Veneto, Via Losanna, Via Guglielmo Marconi, Via Novara, Via Macanno, Via Casalecchio, Via Fantoni, Via Emilia Vecchia, Via XIII settembre, Viale Matteotti, Via dei Mille, Via Tolemaide; su tutta la Strada Statale ”S.S. 16”- compresa tra il confine con il Comune di Bellaria-Igea Marina e il Comune di Riccione; in Piazzale Cesare Battisti, Via Savonarola, Via Mameli, Via Ravegnani, Via Graziani, Via Dardanelli, Piazzale Carso, Via Principe Amedeo; Via Varisco, in Viale Eritrea, nonche nelle aree adiacenti alle suddette strade o in prossimità delle aree di intersezione con le stesse vie elencate.

La violazione di quanto disposto dall’ordinanza sarà perseguita ai sensi dell’art. 650 del Codice Penale con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro, fatto salvo che la condotta non configuri un più grave reato.

L’ordinanza dispone anche che qualunque fatto o atto ritenuto rilevante ai fini fiscali, riscontrato dall’agente accertatore, nell’ambito dell’attività di controllo e di accertamento sarà portato a conoscenza all’Agenzia delle Entrate, nonché al Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, al fine di consentire la valutazione, da parte di tali organi, in merito agli accertamenti fiscali di competenza.

Redazione Newsrimini

Corriere.it «Come sono finita sul marciapiede (e come mi sono salvata)»: la storia di Rachel Moran, ex prostituta

“Come sei finita sul marciapiede?». E’ la prima domanda (ed è sempre la stessa) che la gente rivolge alle donne prostitute o ex prostitute. Succede anche a Rachel Moran, 41enne irlandese autrice del libro «Stupro a pagamento (la verità sulla prostituzione)», pubblicato due anni fa all’estero e arrivato ora in Italia, edito dalla casa editrice Round Robin. Moran è una giornalista affermata, una scrittrice, un’attivista per i diritti delle donne che subiscono la tratta. E’ anche un’ex prostituta: a 15 anni è finita sul marciapiede ed è riuscita ad uscirne solo a 22, grazie all’aiuto di una parente. Questi sette anni sono il cuore del libro, che è sia un’autobiografia che un saggio sulla prostituzione. «L’ho scritto per due ragioni – racconta al Corriere della Sera – volevo raccontare la verità ma anche rispondere ai tanti luoghi comuni che la società ha su questo tema». Non è stato semplice, lo scrive nel libro e lo conferma a voce: per concluderlo ci ha messo dieci anni.
La proposta

Non è facile, per cominciare, rispondere alla domanda iniziale. Sulla strada è finita perché il suo ragazzo dell’epoca glielo ha proposto e lei ha accettato. Ma c’è una catena di eventi, cominciata molto prima, che l’ha portata a dire sì. E’ cominciata alla sua nascita: Moran è nata e cresciuta in una famiglia in cui entrambi i genitori avevano problemi psichiatrici (la mamma era considerata schizofrenica, il papà soffriva di attacchi maniacodepressivi). Sia lei che i suoi fratelli e sorelle si sono sempre considerati al di fuori della sfera della normalità, in un certo senso separati dal mondo reale. Dopo il suicidio di suo padre, la giovane (all’epoca 14enne) iniziò a litigare con la madre che la sbattè fuori di casa. Iniziò così a girare tra ostelli e centri per i senzatetto. Ma anche fra panchine, parchi, cespugli, bagni dei locali: ovunque potesse dormire, anche solo per poche decine di minuti.

Sul marciapiede

Così arriviamo a quel «sì»: era l’agosto del 1991, Moran aveva 15 anni e dormiva con il suo ragazzo (con il quale stava insieme da meno di una settimana: 21 anni, senzatetto anche lui) nella casa di uno degli amici di lui a pochi minuti di strada da Benburb Street, una via di Dublino dove esercitavano le prostitute. Lui le ha proposto di iniziare a prostituirsi e lei, come scrive nel libro, pensò di essere «abbastanza forte da riuscirci: metterebbe fine al girovagare, al non sapere mai dove coricarmi, alla bramosia costante per quel poco di cibo o per una sigaretta». Nel giro di un’ora era già sul marciapiede, di ritorno dal suo primo cliente.

Gli stereotipi da abbattere

E’ stata obbligata a farlo? No. Però – come scrive lei stessa – il concetto di «adulti consenzienti» (uno degli stereotipi che molti ancora hanno sul tema della prostituzione) è un controsenso: «Non è possibile dare il primo consenso a uno stile di vita che non comprendi. In secondo luogo, molto delle donne prostituite non sono adulte». Capitolo dopo capitolo, Moran ne smantella molti altri: il mito della prostituta d’alto bordo che sarebbe più simile ad una cortigiana che a una prostituta di strada, quello della «puttana felice» che ha scelto lei stessa di diventarlo, quello del piacere sessuale (che si prova sì, ammette, ma «una volta ogni morte di papa»), quello del potere che la prostituta riuscirebbe a esercitare sui suoi clienti. Cliché che, se ancora esistono, è perché «purtroppo siamo inclini a credere a cose che sappiamo benissimo non essere vere. Sono sicura che gli stessi attivisti che si battono a favore di quelle che definiscono «lavoratrici del sesso» non vorrebbero vedere le loro compagne, madri o figlie nei bordelli», argomenta Moran oggi. E ribadisce: «Per me dire che la prostituzione è liberazione è un controsenso: è invece, ricordiamolo, una forma di sfruttamento».

Il rischio della «glamourizzazione»

La scrittrice, nel suo libro, non nasconde nulla. Racconta di quando, alle quattro del mattina, era ancora sulla strada e il suo corpo veniva usato ogni notte da un numero compreso tra i sei e i dodici uomini. Di quando si è trovata oggetto di foto pornografiche, di quando si è spostata dalla strada ai bordelli a quando è finita a fare la escort. Della sua esperienza da spogliarellista: di come non sia «una specie di divertimento innocuo» perché «non è né divertente né innocuo quando il cuore ti batte all’impazzata in mezzo a una folla di 50 o 60 uomini ubriachi, che sbraitano tutti volgarità e oscenità, mentre tu sei lì a sfilarti di dosso gli unici strati esistenti che ti separano da loro – i tuoi vestiti». Il problema, sostiene nel libro e ribadisce al Corriere della Sera, è proprio questo: la tentazione di dare una patina elegante e raffinata a ciò che ha a che fare con la prostituzione. «Letteratura e cinema spesso presentano la prostituzione come un fenomeno glamour. Un esempio? Il film «Pretty Woman». E’ una tendenza pericolosa in un mondo in cui, invece, dovremmo combattere per sradicare questo mercato, anche e soprattutto dal punto di vista legislativo».

Le leggi per combattere la prostituzione

Per lei il modello giusto è quello nordico: votato in Svezia nel 1999 e adottato negli anni successivi anche da altri Paesi (dalla Francia all’Irlanda passando per il Canada), punisce i clienti e non le prostitute. L’unico modo, secondo lei, di diminuire la domanda e quindi di arginare e abbattere il fenomeno. Lo sostiene ricordando la sua stessa esperienza e la Legge contro la violenza sessuale del 1993. Che invece le ha cambiato la vita in peggio: la normativa criminalizzò l’adescamento e cioè, come scrive, «solo una delle due parti in causa nella prostituzione: le passeggiatrici. Colpiva le prostitute di strada e soltanto loro. Questo ebbe l’ovvia (e penso voluta) conseguenza di condurre la prostituzione nei luoghi chiusi». Per combattere e sradicare il fenomeno, però, colpire la domanda (anziché l’offerta) non basta. Secondo Moran la cosa più importante da fare nella lotta contro la prostituzione «è nominarla. E quindi educare i giovani, sia i maschi che le femmine, a capire cos’è e a riconoscerla senza banalizzarla: è un fenomeno di oppressione e devono esserne ben consapevoli». Poi, più in generale, occorre trovare promuovere politiche che smantellino «gli stereotipi di genere, a cominciare da quello per cui è normale che un uomo domini una donna». Che si tratti di un pappone, di uno schiavo, ma anche di un ragazzo che dopo nemmeno una settimana di relazione ti propone di accompagnarti sul marciapiede.

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