INTERRIS – Il falso mito delle professioniste del sesso – di Manuela Petrini 20/01/2017

“La libertà di quell’uomo che vuole fare sesso a pagamento ha più valore della libertà di quella donna che viene costretta a prostituirsi?”. E’ questa la domanda che l’Onorevole Caterina Bini ha posto a tutti i partecipanti al convegno “Contro la schiavitù della prostituzione”, che si è svolto il 19 gennaio nella Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, a Roma, a cui hanno preso parte alcune organizzazioni sia del panorama nazionale che internazionale. Tra i relatori Taina Bien Aime della Coalition Against Trafficking in Women International, Agnete Strom per la Women’s Front, Gregoire Thery della CAP International, don Aldo Buonaiuto dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ed altre personalità.

Sfruttate, vendute, seviziate, abusate ancora prima di essere costrette a prostituirsi. E poi, oltre al danno la beffa: picchiate se non “guadagnano” abbastanza soldi. E’ quello a cui vanno incontro le oltre 100 mila donne – per la maggior parte straniere, e in molti casi minorenni – che sono obbligate a vendere il loro corpo sui viali a luci rosse delle città italiane.

La proposta di legge

Proprio per mettere fine a questa spirale di violenze e per debellare in maniera definitiva la prostituzione, l’Onorevole Bini, del Partito Democratico, lo scorso luglio ha presentato una proposta di legge, di cui è prima firmataria, nella quale chiede che venga modificato l’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958 per introdurre sanzioni per chi si avvale di prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione. “Questa proposta di legge è nata dall’incontro con l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e dal confronto con i ragazzi dell’Agesci – ha spiegato la Bini -. Sulla prostituzione si va per luoghi comuni, i dati sono una materia oscura, sepolta dalla criminalità organizzata che gestisce a proprio piacimento i corpi delle donne”. Di questa proposta di legge l’Onorevole Bini ha parlato a In Terris.

Quale è il senso di questa iniziativa?

“Il senso dell’iniziativa è contrastare la domanda, perché nel momento in cui si riduce la domanda, come la prima legge dell’economia, anche l’offerta tende a calare. Siccome la legge Merlin punirebbe, uso il condizionale perché è d’obbligo, lo sfruttamento, la prostituzione minorile, l’adescamento e l’induzione alla prostituzione, che sono i veri temi che ci interessa colpire, ma nei fatti non ha funzionato, per ridurre lo sfruttamento l’unico modo è far sì che non ci sia più domanda, in modo che anche l’offerta vada a calare e gli sfruttatori non trovino più mercato”.

Quale è l’obiettivo?

“L’obiettivo è punire il cliente perché noi consideriamo la donna che è sulla strada una vittima. I dati ci dicono che dove la prostituzione è stata legalizzata questo non ha funzionato. Questo non lo diciamo noi, ma il governo tedesco e il sindaco di Amsterdam che considerano falliti i loro modelli di legalizzazione, perché lo sfruttamento che doveva essere debellato, nei fatti, è ai massimi europei e internazionali. Questo perché gli sfruttatori poi si spostano dove c’è più domanda. E non è vera l’idea per cui dove ci sono le case chiuse o i quartieri a luci rosse le donne si auto-organizzano in forma di cooperative autogestite. Questo mito per cui sono una sorta di professioniste che gestiscono il loro corpo in autonomia non si è rivelato vero: loro stanno in vetrina, ma dietro di loro ci sono le organizzazioni criminali. Credo che questo tema vada sollevato con forza, non si può più mettere la polvere sotto il tappeto e bisogna assolutamente far sì che in un Paese civile si affronti questa tematica debellando il tema dello sfruttamento, della tratta e della schiavitù”.

Questo è un argomento legato anche al problema degli enormi flussi migratori, come è possibile in qualche maniera andare a colpire all’origine dello sfruttamento di queste ragazze?

“Sicuramente con più controlli, anche perché queste ragazze ci raccontano poi tutte la stessa storia. Vengono contattate per un lavoro da badante, da colf, da baby sitter, nei fatti si ritrovano in un appartamento picchiate, violentate, messe su una strada e poi finiscono veramente schiave, non hanno più neppure la libertà di dire che sono schiavizzate. Quindi questo ci deve far riflettere. Anche il fatto che la terza industria della criminalità organizzata per fatturato a livello internazionale sia quello della prostituzione, credo che non possa essere più un tema che viene taciuto”.

C’è un confronto a livello europeo sia a livello di legislazione che di forze di polizia?

“Sicuramente un confronto è importante, noi oggi abbiamo a questo convegno tantissimi rappresentati di altri Paesi europei, che ci vengono a spiegare anche come funziona nei loro Paesi. E’ una battaglia anche a livello europeo, con la Svezia che è partita per prima, ma anche la Norvegia e da poco la Francia ha adottato questo modello, il Parlamento europeo ha firmato una risoluzione che invita gli Stati membri ad adottare questo modello. Quindi credo che più ci sia confronto europeo, sia in termini politici e quindi di sensibilizzazione pubblica, sia anche di rapporti tra i ministeri, e quindi anche di relazione tra le forze dell’ordine, più questo è un modello che può avere la sua efficacia”.

Riguardo proprio alla legge, c’è stata una grandissima fretta per esempio per approvare le unioni civili, cosa che poi si è dimostrata riguardare una sparuta minoranza. Su questo problema, invece, che interessa moltissime persone la legge è ferma. Lei ha detto che spera venga approvata entro questa legislatura.

“Non direi che c’è stata fretta sulla unioni civili perché se iniziamo a pensare a quando è stata proposta per la prima volta, era ministro Rosi Bindi, sono passati vent’anni quindi non credo si possa dire che c’è stata fretta. Questa legge è stata presentata a giugno, evidentemente, a questo punto, sono passati solo pochi mesi, contiamo di poterla calendarizzare quanto prima”.

Ce la farete?

“Speriamo, ci lavoriamo con forza e tenacia”.