Un centinaio. Tante sarebbero le “lucciole” che si “accendono” ogni notte lungo le strade di Rimini. Numeri della Polizia Municipale di Rimini avvallati anche dal Servizio della APGXXIII che scende in strada a portare un aiuto a queste donne.
Le nazionalità sono diverse: molte dell’Europa dell’Est alle quali si aggiungono donne cinesi e nigeriane. Identificati anche transessuali brasiliani e peruviani. Appena due le donne italiane. Le zone interessate sono le “storiche” della Statale 16 e il lungomare; mentre tra le zone emergenti ci sono quelle della chiesa di San Nicolò e territori periferici come Viserbella (dove stazionano quattro ragazze). Perfino l’incrocio tra la Tolemaide e la Statale Adriatica si è “ripopolato” di ragazze giovanissime.
Tutte donne che vengono addittate così: “Lo fanno volontariamente”. Esattamente com’è capitato a Rachel Moran. “L’avevo scelto, sì, ma stavo impazzendo”.
La Moran ha avuto una vita molto difficile. Questa americana dagli occhi di ghiaccio e dallo sguardo che pare senza emozioni, non si nasconde e non cerca scuse. Mentre parla e racconta, il suo volto non esprime emozioni? L’espressione neutra che l’accompagna, è una “capacità” di dissociarsi dalla realtà che assicura è “abilità piuttosto comune tra le prostitute”. Lo ha raccontato a Rimini, nell’evento organizzato dalla papa Giovanni XXIII, ad una Sala del Giudizio piena e silenziosa, quasi rapita dalla sua storia. Quella di una ragazza che a soli 15 anni ha cominciato a prostituirsi sulle strade di Dublino, lei scappata di casa e senzatetto. La sua drammatica vicenda è diventata un libro, Stupro a pagamento, giudicato da Jane Fonda “Una prova inconfutabile del perché la prostituzione non dovrebbe mai essere regolamentata”. Nelle parole della Moran c’è tutta la lucida, dolorosa ed emozionante capacità di descriversi e di sfatare con precisione analitica i miti sulla prostituzione.
Una vita difficile, la sua. Cresciuta in una famiglia problematica (padre affetto da bipolarismo e poi suicida e una madre schizofrenica), Rachel vive un’infanzia segnata da povertà ed emarginazione. Lei e i fratelli vivono di elemosine, per gli abitanti del quartiere sono “gli zingari”. Rimane orfana di padre ed è affidata ad una famiglia da cui scappa. La fuga per la libertà si rivela una trappola: diventa senzatetto, vive di espedienti, incontra il ragazzo che la spingerà a prostituirsi.
Per sette, infiniti anni Rachel – finita pure nel vortice delle droghe – frequenta la strada, i bordelli, gli hotel di lusso. Il risentimento crescente e il senso di vergogna la perseguiteranno per molti anni, una sensazione molto più difficile da sconfiggere del dolore.
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