FERMIAMO LA TRATTA DELLE MODERNE SCHIAVE NELLE NOSTRE CITTÀ

È il coro unanime levatosi dal liceo Danilo Dolci di Palermo durante un incontro organizzato da Cisl e scuola sui temi della violenza di genere e dello sfruttamento sessuale. Al centro, le storie di Chidinna, Eveline e di altre involontarie ragazze-bancomat. L’idea di una “alleanza tra associazioni e istituzioni scolastiche” e la campagna per bloccare l’orrida domanda di mercato

“Quella sera per la prima volta in quel pulmino bianco una donna mi chiese in inglese: Come stai?‘, e ancora: Stai soffrendo tanto ma non puoi dire la verità a nessuno, vero?‘. E mi disse espressamente che potevo scappare. Lei sapeva tutto. Mi spiegò che non dovevo pagare il debito, che non dovevo essere schiava ma una ragazza libera di andare a scuola, al cinema, a ballare come le ragazzine della mia età. Potevo essere libera e avevo finalmente una via d’uscita. Dovevo fidarmi di loro”. Chi parla è Chidinna, nome di fantasia di una poco più che adolescente nigeriana venuta fuori dal vortice di inganni, violenze e torture che, dal suo mondo lontano, attraverso la rotta libica, l’ha catapultata nell’orrido mercato della carne umana delle nostre città. Chidinna ne è uscita. Ma Chidinna non è un caso isolato. Anzi, è una delle tante ragazze-bancomat del sud del mondo che affollano i nostri marciapiedi.
A raccontare la loro storia è Irene Cimbezi, giornalista, scrittrice e componente della Comunità papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi a metà degli anni Novanta. Cimbezi, che assieme alle unità di strada della Comunità, pattuglia di notte i centri urbani di 25 città alla ricerca di moderne schiave da recuperare, la storia di Chidinna come quella di Eveline e delle altre involontarie protagoniste del suo ultimo libro (Non siamo in vendita, Sempre Comunicazione 2017), l’ha ricordata in occasione dell’incontro-dibattito Con il mio corpo Non si tratta, organizzato dalla Cisl e dalle sue articolazioni in tandem con l’ufficio scolastico regionale e il liceo delle Scienze umane Danilo Dolci, di Palermo. È qui che si è svolto il forum al quale hanno preso parte gli studenti delle ultime classi. Il meeting si è concluso sull’idea di una “alleanza tra associazioni e istituzioni per sviluppare negli istituti dell’Isola, già in queste settimane, iniziative di sensibilizzazione contro tratta e sfruttamento sessuale”. Proposta fatta propria dalla direttrice dell’ufficio scolastico Maria Luisa Altomonte e lanciata dalla Cisl. In apertura dell’incontro, da Rosanna Laplaca della segreteria regionale, che ha comunicato il sostegno del sindacato alla proposta della Comunità di don Benzi di una petizione per fermare la mercificazione della carne umana. Uno stop bloccando, per così dire, la domanda di mercato. Questo è il mio corpo il titolo della campagna, che può essere adottata anche con una firma on line. “Il nostro mondo – ha spiegato Laplaca – si fonda sui valori del rispetto della dignità delle persone, su un’idea di giustizia sociale; sulla convinzione che il lavoro contribuisce all’identità dei singoli nella società”. “È per questo che ci battiamo contro la violenza e ogni forma di discriminazione. Tanto più, in aiuto di donne e di minori”.
“Vogliamo dare corpo al progetto di una rete di scuole contro le moderne forme di schiavitù”, le ha fatto eco Francesca Bellia, segretaria della Cisl Scuola Sicilia, che ha moderato la discussione. “Le scuole – ha ripetuto Bellia – possono e devono rappresentare un presidio sociale per un cambiamento culturale nel segno di un modello di integrazione e inclusione”. D’accordo sul punto Altomonte, per la quale “per contrastare il fenomeno delle donne mal-trattate bisogna partire dall’ultimo protagonista di questa drammatica filiera: il maschio”. Al momento, ha ricordato la direttrice, “solo a Palermo sono 595 i minori presi in carico dalle equipe istituzionali che si occupano di bambini abusati, vittime di varie forma di sopruso”.
Nel corso della mattinata, due i video proiettati: sulle parole sul tema, di papa Francesco. E sulla tratta delle migranti: “Un abominevole mercato – con le parole di Ciambezi – che è il terzo grande traffico criminale dopo quello delle armi e della droga. E spesso, criminalità su basi etniche e criminalità autoctona si muovo di concerto. Alleate tra loro”.
“Il punto – ha illustrato Luisa Iovanna, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato – è che “spesso le donne, per mille ragioni, hanno tanta difficolta a denunciare”. E rivolta alle studentesse che affollavano la platea: “Ragazze – ha esortato – se vi dovesse capitare di vivere situazioni di questo tipo. O se per qualche ragione doveste averne conoscenza, non esitate a denunciare. Anche quando le violenze dovessero arrivare da chi meno ve lo aspettate”. “La solitudine è sempre un errore”. “Tragedia nella tragedia – ha a sua volta lamentato Valentina Campanella, presidente regionale Anolf – è che l’età delle vittime tende a scendere sempre di più. Persino al di sotto di tredici anni. Ragazzine poco più che bambine, rubate ad affetti, innamoramenti, sogni”.
Ad aprire i lavori le parole del dirigente scolastico Domenico Di Fatta, che ha ricordato l’impegno del suo istituto per la legalità “in un quartiere difficile come Brancaccio”. Come lui la prof Clelia Lombardo, referente per le politiche di genere della scuola. Ma a dare il senso dell’incontro, più di ogni cosa, sono forse le parole con cui l’autrice di Non siamo in vendita, finita la lettura delle sue pagine, si è rivolta alla platea: “Il corpo non si compra. Mai. Le donne non si comprano. Le donne si conquistano, si conquista il loro cuore”.
Umberto Ginestra

LA DONNA COMPRATA – interris.it

Mentre Papa Francesco tuona contro coloro che sfruttano lo stato di schiavitù quale è la prostituzione, definendola un grave crimine e una tortura rivolta alle donne, c’è qualche illustre personaggio, il signor Beppe Grillo che dalle pagine di Repubblica si è paragonato a una donna prostituta. “Sono come una prostituta – queste le sue parole – in una città senza marciapiedi: non so dove collocarmi”.

La distanza tra le due posizioni è evidentemente incolmabile: quella del Papa è densa di significatoper la drammatica realtà a cui sono sottoposte oltre centoventimila donne; l’altra è un’infelicissima battutina contro la dignità della donna, considerata alla stregua di un oggetto di cui ci si può burlare e addirittura paragonare. Sono l’inconciliabile differenza della concezione che si ha della persona, del suo valore e dignità in qualunque condizione essa si trovi anche quando è costretta o si riveli in uno stato di bisogno.

Infatti il Papa, che ha incontrato e ascoltato con il cuore queste donne violentate e fatte prostituire, ha colto in pieno, come nessun altro prima, la gravità della realtà in cui si trovano queste ragazze. Lo ricordiamo: le schiave provengono prevalentemente da Romania, Bulgaria, Moldavia, Albania e Nigeria, quindi in parte da Paesi dell’Est Europa e per un ampio 40% da Benin City. Questa condizione di sfruttamento è voluta, incentivata dagli Stati occidentali conniventi con le mafie di questi Paesi al fine di trarre facili guadagni da quelle donne considerate “macchine” per fare soldi sporchi e immediati.

Gli investitori europei sono molteplici a partire da coloro che, mediante le leggi dello Stato, fanno business sulla pelle delle “donne oggetto” ritenendo lecito ridurre una persona a una cosa che serve a soddisfare i bisogni perversi di uomini senza scrupoli. Accanto agli Stati che hanno leggi sullo sfruttamento e appaiono o vogliono apparire agli occhi del mondo garantisti, ce ne sono altri, tra cui il nostro che, pur non legiferando, scelgono l’indifferenza agevolando così gli affari dei gruppi criminali che sfruttano queste donne. Voglio sperare che questi Paesi pecchino solo di omissione e non partecipino agli utili del turpe commercio. Il punto è che girano tra noi persone assolte dal forte relativismo etico che trovano naturale comprare il corpo di una giovane quasi sempre coetanea della propria figlia o sorella.

Il maschilismo imperante, anche da parte di molte donne, fomenta il convincimento sociale dell’utilità del meretricio e quindi della legittimità di poter comprare il corpo e sfruttarlo sessualmente per dieci, quindici, venti volte al giorno. Pertanto, questa logica disumana rende lecita la compravendita del corpo altrui, elevandola anzi a un vero e proprio diritto. Le ripercussioni sulla donna “comprata” non interessano. Tra questi “pochi” però c’è chi parla con voce dirompente, fuori dagli schemi: ovvero una presenza tanto efficace quanto scomoda che ama dire la verità senza mezzi termini e che ha definito una tortura lo stato di prostituta. Coloro che invece si permettono di scherzarci o addirittura di paragonarsi a queste vittime lo fanno perché non le hanno mai guardate come persone –  aldilà degli organi genitali – per cogliere nei loro occhi l’abisso di chi ha perso tutto, a partire dalla dignità umana.  Si, perché quando vieni venduto e poi comprato ogni notte e usato e abusato aldilà della tua volontà, spesso senza avere alternativa, è solo annullamento della persona, è sterminio dell’altro… è tortura! In Italia ci sono oltre centoventimila donne soggette a queste torture da parte di milioni di cosiddetti clienti, senza scrupoli, convinti di avere il diritto di concorrere allo stato di schiavitù. E’ sia tortura che crimine acquistare il corpo di una ragazza che mai sceglie di farsi usare bensì è costretta a sottostare al racket, alla madame, al voodoo, al pappone, al sistema del profitto.

Ai giovani si presentano due modelli di vita: da una parte quello indicato dal Papa che soffre con le donne violate e che incita le nuove generazioni ad avere il coraggio di compromettersi e di sapersi battere a favore del bene; dall’altro quello di un sistema “antipersona”, ovvero di una costruzione ben studiata per ridurre l’essere umano a una cosa senza anima. La visione alla quale destinare la propria vita, invece, trae fondamento dall’intera storia cristiana che proietta la persona nell’avvenire, prescindendo da ogni vincolo temporale. Nell’antropologia cristiana, infatti, il tempo e l’uomo coincidono. La nostra società ha indubbiamente bisogno di “visioni” ma non di visioni a scadenza, come i pacchi della pasta. Le allucinazioni sono un’altra cosa!

Le risposte del Papa: la prostituzione non è amore ma torturare una donna – vaticannews.va

Francesco risponde a cinque domande di partecipanti alla riunione pre-sinodale per i giovani: una ragazza nigeriana liberata dalla strada, un francese non battezzato ma in ricerca, un’argentina insegnante delle Scholas, un seminarista ucraino e una giovane suora cinese

Alessandro di Bussolo – Città del Vaticano

Vorrei che voi giovani lottaste contro il crimine dello sfruttamento sessuale delle donne, contro la “mentalità malata per la quale la donna va sfruttata”. E’ un crimine contro l’umanità, e un giovane che ha questa abitudine, la tagli, perché è un criminale: andare con una prostituta “non è fare l’amore, ma torturare una donna”. Lo dice Papa Francesco alla riunione pre-sinodale per i giovani in corso a Roma, rispondendo ad una domanda di una giovane nigeriana vittima della tratta di esseri umani che è riuscita a fuggire dalla strada. E chiede perdono per tutti i cattolici che fanno questo atto criminale, che in Italia, verosimilmente, sono la maggioranza dei clienti.

La mentalità malata per la quale la donna va sfruttata

Blessing Okoedion, arrivata in Italia quattro anni fa con l’inganno e costretta a prostituirsi, chiede al Papa come aiutare i giovani a restare umani e a vincere la mentalità malata che riduce la donna a merce “per il piacere egoistico dell’uomo”. E se la Chiesa, ancora troppo maschilista, è in grado di interrogarsi sul fatto che molti clienti sono cattolici. Francesco ringrazia per la domanda “senza anestesia”, e ricorda di aver visitato, nel 2017, una casa dell’ associazione Papa Giovanni XXIII di don Benzi e incontrato altre ragazze liberate dalla schiavitù. “Quando si liberano – racconta –  non hanno il coraggio di tornare a casa, di dire la verità alla famiglia: non vogliono sia sporcata da questa storia”. E racconta della storia d’amore tra un volontario  e una ragazza aiutata a fuggire dalla strada.

Perdono per il crimine dei cattolici che pagano per fare sesso

Ma non c’è femminismo, prosegue Papa Francesco, che sia riuscito a togliere dall’immaginario collettivo la mentalità malata per la quale “la donna va sfruttata”. E parla di una ragazza africana venduta da una consacrata o da una laica impegnata nella sua parrocchia. E’ un problema grave, conclude, e vorrei che voi giovani lottaste per questo.

E per favore, se un giovane ha questa abitudine, la tagli, eh? E’ un criminale. Chi fa questo è un criminale. “Ma, Padre, non si può fare l’amore?” – “No, no: questo non è fare l’amore. Questo è torturare una donna. Non confondiamo i termini”. Questo è criminale. Mentalità malata. E io voglio approfittare di questo momento, perché tu hai parlato di battezzati, di cristiani, per chiedere perdono a voi e alla società, per tutti i cattolici che fanno questo atto criminale.

Chi è in ricerca non anestetizzi le domande

Dopo la dignità della donna, la ricerca di un giovane non battezzato e non cattolico. Maxime studia diritto all’Istituto cattolico di Parigi, ed è presidente dell’Junior Consulting della sua università, iniziativa nata dall’Opus dei. Non so da dove cominciare, quale cammino prendere, confida al Papa. Tu hai già cominciato, gli risponde Francesco, lasciando venir su le domande, senza anestetizzarle.

Credo che questa volontà tanto profonda è proprio l’inizio di un processo di discernimento che deve andare avanti e dura tutta la vita. Ma è bello quando uno ha una persona con la quale conferire le cose. Lasciare venire fuori i sentimenti. Non anestetizzarli, non diminuirli. Cercare qualcuno che mi dia fiducia per parlarne e fare il discernimento. Questa è la mia risposta à toi, Maxime.

Il linguaggio della testa, del cuore e delle mani

Poi Maria de Macarena, giovane insegnante argentina di Scholas Occurrentes, la rete educativa nata su iniziativa di Papa Bergoglio, lamenta che la scuola oggi educa solo su verità costruite sulla ragione, trascurando quelle che vengono dalla trascendenza. E’ l’eredità dell’illuminismo, commenta in spagnolo Francesco, e sottolinea che la proposta educativa delle Scholas prevede che per un’educazione completa bisogna usare tre linguaggi. Quello della testa, per imparare a pensare bene; quello del cuore, per imparare a sentire bene; e infine il linguaggio delle mani, per imparare a fare.

Il prete non testimonia da solo, sempre con la comunità

Il giovane seminarista ucraino Yulian prende la parola per chiedere al Papa se si deve preparare per capire cosa c’è di prezioso nella cultura di oggi e cosa di falso e porta l’esempio del tatuaggio, espressione artistica ma anche di cultura difficile da capire.

Il tatuaggio indica appartenenza – gli risponde Francesco – tu, giovane, che ti sei tatuato o tatuata così, cosa cerchi? Quale appartenenza dici? E incominciare a dialogare con questo, e da lì si arriva alla cultura dei giovani. E’ importante. Ma non spaventarti: con i giovani non ci si deve spaventare mai, mai! Perché sempre, anche dietro alle cose non tanto buone, c’è qualcosa che ci farà arrivare a qualche verità. Ma questa era … Ma sempre, non dimenticarti questo: la doppia testimonianza insieme, quella del prete e quella della comunità con il prete.

Infine Suor Teresina, che viene dalla Cina e studia alla Pontificia università urbaniana, chiede come relazionarsi con la cultura dominante che porta alla ricerca di beni solo materiali e al confronto e all’emulazione degli altri, e come formarsi e formare alla vita spirituale in questo contesto.

Educare al dialogo con il mondo, senza sovra-proteggere

Il Papa la invita a proteggere lo sviluppo delle suore, “ma con la vita, con il dialogo con questa vita che non cerca Dio, che soltanto è attaccata ai beni materiali”. Perché la vera protezione si fa nella crescita.

Quando tu sarai superiora generale o cosa simile – sorride Papa Francesco – cerca di cambiare questa mentalità: l’educazione spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica. Ma dall’inizio. Secondo le dosi di ogni tappa, ma non trascurare nessuna. Questo è molto importante. E questo che è valido per i preti e per le suore, è valido per i laici anche: la maggioranza di voi vi sposerete, avrete figli, ma per favore, educateli bene, così, eh?, con tutte queste potenzialità. Non annullare, non sovra-proteggere. Non sovra-proteggere: questo è cattivo, è molto cattivo. E si diventa psicologicamente immaturi.

“La giudice” per le donne sfruttate – Interris.it

Il magistrato Paola Di Nicola: “Servono nuovi strumenti giuridici”

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a il magistrato da più di 20 anni ed è membro del Comitato per le pari opportunitàpresso il consiglio giudiziario di Roma. Con il libro “La giudice. Una donna in magistratura“, la marchigiana Paola Di Nicola, giudice del Tribunale penale di Roma, ha acceso il dibattito sul ruolo delle donne tra i togati, e così nel 2013 è stata nominata Wo-Men Inspiring Europe 2014 per il suo impegno contro gli stereotipi di genere. Nel 2015 ha anche pubblicato con Vittoria Bonfanti “I reati in materia di prostituzione“. C’era anche lei in Ambasciata di Svezia all’iniziativa sul modello svedese a confronto con la legislazione italiana in materia di prostituzione tenutasi mercoledì scorso a Roma. Presenti anche l’Udi di Napoli, l’Associazione nazionale donne magistrati, Unchr, Slaves no more, Comunità Papa Giovanni XXIII, Iroke onlus, Differenza donna.

Anche lei sostiene il “modello nordico” nato in Svezia, che prevede la punibilità del cliente delle donne prostitute che dal ’99 ad oggi sono diminuite in maniera vorticosa. La legge – come riportato dal Cancelliere della Giustizia svedese Anna Skarhed – oggi ha come sostenitori tutti i parlamentari. Gli effetti si sono visti nella trasformazione della cultura e dei valori della società svedese grazie a interventi decisivi delle forze di polizia in rete con tutti i soggetti istituzionali e del privato sociale e ad un processo di educazione dei giovani: diminuzione di violenze di genere, di prostituzione online, di femminicidi.

“Anche i giudici senza una legge nazionale hanno le mani legate! Per questo è molto importante per noi magistrati italiani confrontarci col modello svedese” ha spiegato.

Ma questo modello centrato sulla parità di genere è possibile nel Bel Paese?

“Noi siamo il Paese delle case chiuse volute da Cavour nella metà dell’800 per i militari. Perché gli uomini dovevano sfogarsi. E quando Lina Merlin, prima senatrice donna in Italia, negli anni ’50 si mise in ascolto delle centinaia di lettere a lei indirizzate dalle donne chiuse nei nostri bordelli capì che si trovava di fronte a schiave. Erano donne che non avevano diritti civili, che avevano un libretto dove annotare i controlli sanitari. Solo le donne erano controllate perché i clienti non prendessero malattie… La legge Merlin colpì sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Ma oggi non basta più… Va rivista sulla base della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza alle donne. Perché il problema del nostro Paese è prima di tutto la cultura che favorisce la disparità di genere”.

Crede che i nostri politici oggi possano guardare con favore ad una legge che come in Francia sanzioni chi acquista prestazioni sessuali?

“Se pensiamo che secondo l’Istat un terzo delle donne subisce violenza e ciononostante la violenza contro le donne non è una priorità, capiamo che prima di tutto non viene affrontata in termini culturali.
Addirittura la violenza appartiene alla naturalità dei rapporti. Così è ancor più per la prostituzione. E’ normale comprare il corpo della donna. Siamo molto lontani dal modello svedese. Ancora oggi la prostituzione è costruita a servizio del cliente. Chiusi i bordelli, si ritiene che vada regolata. Non c’è nella nostra cultura l’idea che possa essere eliminata. Perché il punto di vista è quello del cliente non della donna. Perché la nostra società è permeata dall’idea che il corpo delle donne è un corpo a disposizione di chi lo vuole”.

Quante sono le donne che escono dalla tratta e dallo sfruttamento sessuale, e quando denunciano davvero si riesce ad arrivare all’arresto di trafficanti e sfruttatori?

“Ho chiesto al Procuratore nazionale antimafia i dati della tratta. Ma mi ha risposto che non ci sono dati certi. Non sono calcolati perché non interessa a nessuno quante sono le vittime dello sfruttamento della prostituzione. E purtroppo, nonostante tante associazioni sono impegnate nella protezione di chi sfugge ai suoi sfruttatori, spesso nei tribunali non le vediamo. Non vediamo le vittime perché hanno paura e anche quando denunciano la lunghezza dei processi non aiuta ad arrivare fino in fondo. Le vittime non si costituiscono parte civile. Tutto il contesto in cui vivono copre la verità. Le stesse organizzazioni criminali che gestiscono lo sfruttamento della prostituzione ormai sappiamo che sono infiltrate nelle nostre regioni… È molto difficile arrivare all’applicazione della pena”.

Cosa direbbe alle giovani vittime, spesso minorenni, che sono addestrate dai magnaccia a non fidarsi delle forze dell’ordine, a dichiarare la maggiore età e specie negli attuali flussi dall’Africa subsahariana sono prelevate dai centri di accoglienza emergenziali.

“Dico sempre di fidarsi degli enti antitratta che le accolgono, di affidarsi a legali che non solo le possono sostenere nella denuncia di sfruttamento della prostituzione o di riduzione in schiavitù ma anche di omissione per quei centri di accoglienza quando non sono identificate come minori per inadempienza… Se sono minori, anche il cliente può essere punito per il delitto di prostituzione minorile… Ma in materia di prostituzione tutto è difficile, anche quando noi giudici applichiamo la legge Merlin dandole una interpretazione evolutiva, può sempre intervenire la Corte di cassazione a favore del cliente. Abbiamo bisogno di più strumenti giuridici per tutelare la dignità delle donne. E ognuna di loro avrebbe bisogno di un risarcimento per quello che ha vissuto”.

IRENE CIAMBEZI

Commemorazione per Arietta Mata

Una toccante commemorazione si è tenuta nella giornata di sabato scorso per Arietta Mata, la 24enne uccisa a Gaggio. L’iniziativa è stata organizzata dalla comunità Papa Giovanni XIII: all’evento…

Una toccante commemorazione si è tenuta nella giornata di sabato scorso per Arietta Mata, la 24enne uccisa a Gaggio. L’iniziativa è stata organizzata dalla comunità Papa Giovanni XIII: all’evento erano presenti le amministrazioni comunali di Castelfranco e San Cesario, i volontari della Protezione Civile, Carabinieri e Polizia Municipale e il vicario del vescovo Giuliano Gazzetti.

 

Intervista a Irene Ciambezi – Siamo noi TV2000

“Dalla rotta libica continuano ad arrivare potenziali vittime di . Con la comunità Giovanni XXIII abbiamo stimato oltre 75 mila donne che rischiano questa schiavitù”. di

https://www.tv2000.it/siamonoi/video/siamo-noi-tratta-di-esseri-umani-papa-francesco-sono-i-nuovi-schiavi/

VITTIME DI TRATTA: AUMENTA LA PROSTITUZIONE A MODENA – tvqui

Cresce il numero delle donne costrette a prostituirsi sulle strade della nostra città. Diverse le associazioni del territorio che tentano di stringere un rapporto di fiducia con queste ragazze al fine di poter cambiare la loro vita.

Il fenomeno della tratta degli esseri umani porta sulle strade di Modena e dell’Emilia Romagna vittime di sfruttamento sessuale, lavori forzati, costrizione all’accattonaggio o ad attività illegali come spaccio o furti. Dati forniti dalla Regione parlano di quasi 1000 persone trovate e assistite a partire dal 2013, per la maggior parte donne. Sulle strade di Modena è in aumento il numero delle nigeriane vittime di sfruttamento sessuale. Con queste ragazze le unità di strada dell’Associazione Papa Giovanni Paolo XXIII e di Caleidos tentano di stringere un rapporto di fiducia che possa portarle a cambiare la loro vita. La Regione ha inoltre stanziato 1,8 milioni di euro attraverso l’operazione “Oltre la Strada”, un sistema di interventi socio-sanitari. Ma è sufficiente?

http://www.tvqui.it/video/home/149460/vittime-di-tratta-aumenta-la-prostituzione-a-modena.html

I 60 anni della Legge Merlin. Da aggiornare pensando alla tratta – VITA.IT

Per Giovanni Paolo Ramonda (Apg23): «Occorre introdurre sanzioni non solo verso i trafficanti, ma anche verso i clienti delle prostitute, perché con il loro comportamento sfruttano la vulnerabilità delle persone che si prostituiscono» La Comunità Papa Giovanni XXIII è tra i promotori della campagna “Questo è il mio Corpo” che conta oltre 28mila adesioni

Sono passati 60 anni dall’approvazione della Legge Merlin, la norma grazie alla quale l’Italia ha detto addio alle “case chiuse”. In occasione dell’anniversario dell’approvazione, il 20 febbraio del 1958 della legge 75, Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII osserva: «La legge Merlin va aggiornata alla luce del nuovo contesto sociale, ma sempre nella stessa direzione di tutela delle persone, in particolare delle donne. La situazione attuale non è più quella degli anni ’50, bensì è legata alla tratta di persone provenienti da paesi poveri e ridotte in schiavitù» e rilancia: «Occorre introdurre sanzioni non solo verso i trafficanti, ma anche verso i clienti delle prostitute, perché con il loro comportamento sfruttano la vulnerabilità delle persone che si prostituiscono. I clienti sbagliano! E per questo vanno sanzionati. Anche per aiutarli a cambiare. Diceva la Merlin: “Questo Paese di viriloni che passan per gli uomini più dotati del mondo e poi non riescono a conquistare una donna da soli”».

In una nota della Comunità Papa Giovanni XXIII si ricorda anche che “la Legge, ancora in vigore, non vieta la prostituzione in sé, ma chi la favorisce e la sfrutta”. La senatrice Merlin impiegò dieci anni per riuscire a far approvare la legge che chiuse le case di prostituzione.

La senatrice Merlin impiegò dieci anni per riuscire a far approvare la legge che chiuse le case di prostituzione. Dieci anni fa in 14 Paesi europei è entrata in vigore la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta di esseri umani che prevede tra l’altro la possibilità di perseguire i clienti. Sempre nel 2008, Roberto Gerali, allora referente del Servizio Antitratta della Comunità Papa Giovanni XXIII, aveva dichiarato in occasione del cinquantennale della legge Merlin: «L’articolo 3 della legge riguarda i reati di favoreggiamento della prostituzione. Molti politici vorrebbero eliminarli, mentre noi vogliamo che siano specificati ancora meglio!».

Oggi, Ramonda osserva inoltre che: «torna in campagna elettorale l’idea di riaprire le case chiuse. Si vuole colpire l’emotività dell’opinione pubblica, ma questa è una proposta vecchia, superata, obsoleta. In Olanda, ad Amsterdam, in Germania, dove da decenni ci sono bordelli regolamentati, stanno facendo marcia indietro. Perché» spiega il presidente della Papa Giovanni XXIII «sia il mercato legale che quello illegale sono in mano al racket. La prostituzione corrompe una società intera, perché distrugge la dignità della donna».

Il sessantesimo della Legge Merlin è l’occasione per ricordare l’iniziativa “Questo è il mio Corpo” che la Comunità Papa Giovanni XXIII promuove, insieme a un cartello di associazioni (tra cui Cisl, Agesci, Azione Cattolica, Forum Famiglie, Rinnovamento dello Spirito). Si tratta di una campagna di liberazione per le vittime della tratta e della prostituzione (è possibile firmare la petizione che conta oltre 28mila adesioni qui). La proposta, si ispira al modello nordico e ha l’obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e multando i clienti delle prostitute.

Mai più case chiuse. La legge Merlin è da rafforzare – AVVENIRE

La Legge Merlin compie sessant’anni, eppure, a dispetto dell’età, riesce ancora a far parlare di sé. È certamente una delle leggi più note del nostro ordinament.

La Legge Merlin compie sessant’anni, eppure, a dispetto dell’età, riesce ancora a far parlare di sé. È certamente una delle leggi più note del nostro ordinamento, benché poco oggi si ricordi delle condizioni di vita delle donne che vivevano dentro le “case chiuse”. La Legge 75 fu approvata il 20 febbraio 1958 e sei mesi dopo vennero chiuse le «case di prostituzione». Essa non vieta la prostituzione in sé, ma chi la favorisce e la sfrutta. In particolare vieta «l’esercizio di case di prostituzione», come pure «quartieri e qualsiasi luogo chiuso dove si esercita la prostituzione»; punisce con la reclusione chi recluta, induce, favorisce o sfrutta «la prostituzione altrui».

Negli anni 50 del Novecento le donne che si prostituivano erano circa tremila, distribuite in oltre 700 case. Provenivano dalle aree rurali più povere d’Italia, erano tutte schedate, come una sorta di marchio che impediva loro la possibilità di rifarsi una vita. Inoltre questo marchio veniva ereditato anche dai figli, i quali erano discriminati non potendo accedere ad alcuni lavori. Da qui tra l’altro deriva l’offesa sui “figli di” ancora in voga oggi. Dovevano garantire un certo numero di rapporti sessuali quotidiani, con orari incalzanti. Le testimonianze delle prostitute colpivano per la miseria e per la durezza delle loro condizioni di vita. La senatrice Merlin conosceva bene la situazione in cui vivevano le «signorine», tanto che parlava apertamente della prostituzione come di una «schiavitù legalizzata della donna».

Ma Angelina Merlin, detta Lina, era davvero una donna dal carattere fuori del comune. Socialista, collaboratrice di Giacomo Matteotti, arrestata e mandata al confino durante il fascismo; partigiana durante la Resistenza, fu catturata dai nazisti, ma scappò. Fondò l’Unione delle donne italiane, principale sigla femminista del nostro Paese. Deputata all’Assemblea Costituente; a lei si deve l’introduzione dell’espressione «Tutti i cittadini… sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso…» nell’articolo 3, ponendo la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna. Fu anche la prima donna a essere eletta in Senato. Appena entrata in Parlamento, nel 1948, presentò il suo disegno di legge per l’abolizione delle case chiuse, che fu approvato dopo dieci anni di lotte. Anni in cui non solo venne attaccata dai molti uomini italiani, ma anche presa nei corridoi delle stesse aule parlamentari. Dopo che la legge fu approvata, fu talmente osteggiata nel suo stesso partito da non essere neppure ricandidata alle successive elezioni politiche. È rimasta famosa una sua massima rilasciata in un’intervista a una giovane Oriana Fallaci: «Ah! Questo Paese di viriloni che passan per gli uomini più dotati del mondo e poi non riescono a conquistare una donna da soli!».

Oggi il contesto sociale è notevolmente cambiato. A partire dagli anni 90, lo sviluppo dei flussi migratori da alcuni Paesi africani e dell’Est europeo ha reso “disponibile” una massa di donne giovanissime, anche minorenni, in condizioni di estrema vulnerabilità, consentendo alle organizzazioni criminali di gestire un mercato della prostituzione pervasivo e diversificato. Ed è esploso il fenomeno della prostituzione su strada. La prostituzione moderna fa rima con tratta di esseri umani, violenza, riduzione in schiavitù. A causa di questi cambiamenti, la Legge Merlin non risulta dunque più efficace per il raggiungimento del suo obiettivo di emancipazione della donna. Qualcuno vorrebbe riformarla abrogando il divieto che grava sull’«esercizio di case di prostituzione»,
Proprio per questo è bene dire chiaro che la proposta delle “case chiuse” oltre che profondamente ingiusta è vecchia, superata, obsoleta.

In Olanda, ad Amsterdam, in Germania, dove da decenni le “case chiuse” ci sono, stanno facendo marcia indietro: sia il mercato legale che quello illegale sono in mano al racket. Non è vero poi che le donne “pagano i contributi allo Stato”, ma il punto non è neppure questo. La prostituzione corrompe una società intera, perché distrugge la dignità della donna. La Legge Merlin va aggiornata alla luce del nuovo contesto sociale, ma sempre nella stessa direzione di tutela delle persone, in particolare delle donne. Per questo occorre ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo anche la “domanda” e multando i “clienti”, che cooperano in modo

decisivo con violentatori e sfruttatori alla compravendita di corpi umani.

*responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII